Una città che al
confronto Milano è un giardinetto pubblico. E'
una città fatta di idee, fatta di storie, alcune
ben costruite, lunghi vialoni alberati di vite
ben incanalate nella direzione che le porta al
loro destino, altre si perdono nel deserto dove
c'è solo polvere, e vento implacabile, sempre
(il vento è una ferita del tempo). Altre strade
sono tortuose, sterrate magari, e il loro
percorso è come quello di un fiume, che prima di
arrivare dove deve si perde in curve e deviazioni
inutili, tutti i fiumi, è stato scientificamente
calcolato, tutti i fiumi prima di arrivare dove
devono percorrono esattamente, a furia di curve,
il loro percorso in linea retta per 3,14. E molte
vite, in fondo, sono un fiume. Prima di arrivare
si perdono per strada. Poi arrivano, ma prima, è
come se dovessero, necessariamente, perdersi.
Baricco si è divertito da matti. Deve essersi
divertito per forza, a improvvisarsi urbanista
dell'anima e a tracciare su una pagina bianca
tutte le strade che uno ha in testa, tutti i
vicoli, i sensi unici, gli incroci, i semafori, i
marciapiedi, le strisce pedonali. Non è facile,
ma lui si diverte proprio. Quello che lo diverte
di più è improvvisarsi quello che non è,
cambiare ruolo, continuamente, modificare il suo
punto di vista, intingere la realtà nel
surreale, normalizzare le stranezze umane,
soffermarsi sui particolari più insignificanti
perché di solito sono gli unici a nascondere
incredibili mondi paralleli, così capita che ti
tiri fuori un suggestivo picaresco da un tacco
nero perso per strada, o ti metta in piedi una
storia di boxe per far capire che il tuo destino
è lì, e non sai quando lo dovrai incontrare ma,
tieniti pronto, che può essere in qualunque
momento, anche in una finale del mondiale, nel
bel mezzo di una quarta ripresa, il tuo destino
può chiamarti e tu devi smettere di combattere,
ti giri, e scendi dal ring. Gould (proprio, come
il pianista, Glenn Gould, analogia sicuramente
non casuale) è, del tutto teoricamente, il
protagonista di City, ed è solo un ragazzino,
intelligentissimo, in lista per il Nobel, che in
realtà aspira solo ad essere una persona
normale, e in parte lo aiutano Diesel (un gigante
che desidera vedere il mondo ma è troppo grande
per salire su un treno o un pullman) e Poomerang
(cranio rasato, muto, tranquillo), che però non
solo non esistono ma sono a loro volta personaggi
tanto singolari e anormali da rendere quasi la
solitudine di Gould ancora più stridente e
silenziosamente, quasi inconsapevolmente,
dolorosa. Poi c'è Shatzy Shell, carina, curiosa,
anche lei incredibilmente sola, a tal punto da
decidere di congiungere la sua solitudine con
quella di Gould, diventando la sua governante, o
qualcosa del genere. Il suo sogno è scrivere un
western. E le viene anche da dio. Questo mi ha
colpito, che Baricco sia riuscito a infilare una
città del Far West, Closingtown, in una città
dei giorni nostri, con autobus, telefoni e tutto
il resto, che a sua volta sta in un libro che a
sua volta sta nella testa di un autore, che poi
arriva dritto dritto a pugnalare le menti dei
lettori con la sua spada d'immaginazione, e
sanguinavo pensieri, quando ho finito di leggere.
Si sanguina anche perché non si riesce ad
immaginare una finale più vicino alla completa
dissolvenza di questo, e se vi capiterà (ve lo
auguro) di trovarvi fra le mani City e di leggere
le pagine (sublimi) sulle Nympheas di Monet
capirete che questo non è un insulto, ma il più
grande dei complimenti.
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