Nel suo Doveri
dell'uomo Mazzini scrisse:
Dalla libertà morale nasce il
vostro diritto alla libertà politica, il vostro
dovere di conquistarla e di mantenerla inviolata,
il dovere altrui di non menomarla. La libertà è
sacra come l'individuo del quale rappresenta la
vita. Dove non è libertà, la vita è ridotta ad
una pura funzione organica".
Nel mondo attuale, in cui tutto
appare lecito e consentito, talvolta si assiste
paradossalmente a situazioni di limitazione del
libero arbitrio. Ciò non avviene direttamente,
come poteva essere in passato, ma in modo subdolo
e ugualmente, se non peggio, distruttivo.
Gli esempi sono tanti, ma non allontaniamoci
troppo: parliamo degli studenti. Quante volte
nelle aule scolastiche ci si può sentire
mentalmente oppressi? Quante volte prima di
esprimere un'opinione la si valuta attentamente
dicendosi E se il prof. fosse acerbamente
contrario, che conseguenze pagherei?.
Quante volte di fronte ad uno sciopero si
preferisce la comoda via del non
esporsi piuttosto che seguire quella -
certo più difficile - della responsabilizzazione
delle proprie idee?
Forse noi studenti viviamo il problema in
un'ottica ristretta.
Tutt'al più, di fronte ad una divergenza, un
insegnante, un preside, anche un compagno poco
equilibrati e rispettosi potranno ritenerci
antipatici e renderci la vita più difficile.
Problemi più seri sorgeranno dopo, quando, da
adulti, ci troveremo costretti, talvolta, a
chiudere gli occhi e serrare la bocca, altrimenti
determinati ambienti lavorativi potrebbero
chiudersi e molte possibilità esserci negate.
Ma com'è possibile?
Di fronte ad un regime dittatoriale l'individuo
ha, da sempre, lottato per ottenere libertà di
pensiero e di conoscenza, sacrificando anche il
proprio sangue. Colui che, timoroso di esporsi,
pensa esclusivamente alla conduzione della
propria vita nel segno della tranquillità,
diventa complice silenzioso di chi esercita su di
lui soggezione.
Oggi, un atteggiamento di questo tipo è un vero
insulto all'inviolabilità dei propri diritti, è
una mera riduzione della vita ad una
semplice funzione organica.
Quindi il problema non è tanto nella
possibilità di esprimersi liberamente, quanto
nella condizione di invalicabilità di limiti da
noi stessi posti. Disinteressandoci dei problemi
che ci circondano, illuminati da un gretto
utilitarismo, non facciamo altro che lasciar
affondare le nostre conoscenze nell'inerzia,
lasciando fare agli altri. Dittatori di noi
stessi, ci autolimitiamo calpestando le nostre
scelte e vietiamo a noi stessi la possibilità di
essere parte attiva della società, annullando la
facoltà di poter concepire - anche solo
utopisticamente - la grandiosità di un progetto
di bene comune. Qualcuno potrebbe affermare:
Chi mi vieta di starmene a casa, badando ai
miei interessi, a divertirmi, a dormire
tranquillamente? Chi mi costringe a cercare guai
interessandomi di politica, protestando e
sostenendo le mie idee? Non è forse una mia
libertà anche questa?
Solo apparentemente, infatti anche un regime
totalitario può garantire la soddisfazione di
bisogni materiali e fisiologici (ancora la
riduzione della vita a funzione organica), ma non
si può chiamare libertà.
In un sistema democratico, dobbiamo sentire il
dovere di essere cittadini, perché è nel
momento in cui non siamo più gelosi delle nostre
libertà che la politica prevale sul bene
pubblico e si occupa degli interessi di classe,
diventando totalitaria.
Di questi tempi nella vita concreta di tutti i
giorni, spesso pare di capire che l'obbligo
imperante sia non esporsi,
non pronunciarsi, vale a
dire non compromettersi.
Forse la nostra società (e noi siamo la
società) per chissà quale distorsione morale,
condanna - magari non direttamente - la libera
espressione di idee con l'emarginazione, la
castigazione? Se così fosse, si tratterebbe di
una grave prevaricazione, sarebbe un esempio
palese di violenza alla libertà individuale.
Ma allora ... si è mai
veramente liberi?
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