"Non spetta a noi
stabilire a priori chi sarà sbagliato e chi no,
se sarà sbagliato o no. Omero era cieco e
Leopardi era gobbo. Se gli Spartani li avessero
gettati dalla Rupe Tarpea, se le loro madri si
fossero stancate di portarli in seno, oggi
l'umanità sarebbe più povera: escludo che un
campione olimpionico valga più di un poeta
storpio
".
L'indecisione
di una madre davanti a una responsabilità
grandissima, la maternità, appunto, espressa in
una sorta di "racconto - poesia",
caratterizzata dall'alternanza di odio e amore,
insicurezza e dolcezza.
Il monologo di una donna che rivela le sue più
cupe angosce, nel momento in cui deve scegliere
tra la vita e la morte della creatura che porta
in grembo. Gli strazianti interrogativi che
portano la madre ad una conclusione: la
maternità non è un dovere morale, né tanto
meno una questione prettamente biologica, bensì
una scelta cosciente e responsabile, la
realizzazione più completa e consapevole
dell'amore fra due persone mature.
Inserendosi in un contesto abbastanza delicato,
l'autrice concentra l'attenzione del racconto
sulle domande che la madre, priva di qualsiasi
sostegno morale, si pone in continuazione: cosa
desidererà il bambino? preferirà nascere,
provare gioie e soddisfazioni, affrontando le
difficoltà con coraggio, oppure rinunciare a un
bene così grande, qual è, appunto, la vita?
L'autrice non intende rimproverare o ammonire,
ma fare acquisire una maggiore consapevolezza
dinanzi a scelte importanti legate al valore
della vita e alle conseguenze delle proprie
azioni.
E' fondamentale considerare la posizione
ecclesiastica e quella laica sul problema
dell'aborto. Da una parte il papa che invita
tutta la cristianità a rifiutare l'interruzione
della gravidanza e, soprattutto indirizza la
coscienza della donna e dell'uomo (figura spesso
dimenticata) ad avere maggiore considerazione del
valore della vita. D'altro canto lo Stato che ha
legalizzato l'aborto (legge 194) dal 1978, con
conseguenze a dir poco vergognose: da una recente
indagine è stato infatti scoperto che questa
legge, solo in Umbria, in vent'anni ha provocato
la soppressione di 60.849 vite umane,
paragonabile allo sterminio di un'intera città.
Ora, considerando i progressi compiuti nel campo
della scienza e della medicina, sembra quasi che
l'uomo alla "conquista dell'universo",
stia rinunciando ai suoi diritti più elementari,
quali quello alla vita?
Cinquant'anni fa l'ONU approvava la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo che all'articolo
3 recita: "Ogni individuo ha diritto alla
vita, alla libertà e alla sicurezza della
propria persona".
La domanda allora sorge spontanea:
"L'aborto è un omicidio?".
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