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Arte

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Aspettando inutilmente Godot

Cervantes e il suo cavaliere errante


Aspettando inutilmente Godot

Francesca Togni

red: Liceo Linguistico "Perpenti"


Strada di campagna con albero. I due teneri e grotteschi clochards di Samuel Beckett, Vladimiro ed Estragone, siedono ai bordi della strada spoglia, l'albero è spoglio, l'ambientazione sconosciuta: aspettano un certo Godot. Nella loro scarna, surreale conversazione, si alternano vaghi ricordi, considerazioni a volte incomprensibili, pensieri la cui cruda semplicità riesce ad essere abissale. Sembra che parlino di nulla, cercano di dilatare all'inverosimile i fatti più banali, per riempire un vuoto così concreto e palpabile da far tremare il cuore. "Godot" è solo il pretesto dell'attesa umana, inutile ed eterna, la menzogna che l'uomo racconta a se stesso per andare avanti, per coltivare la speranza che qualcosa potrà cambiare, che, forse, qualcuno arriverà.
L'attesa pende perciò verso un oggetto impreciso, è un appello oscuro, una promessa incerta, una vaga supllica sconosciuta ai protagonisti stessi, semplicissima ed ermetica allo stesso tempo. Vladimiro ed Estragone si chiamano con affetto "Didi" e "Gogo", sembrano avere un immenso bisogno l'uno dell'altro nonostante le battute comicamente violente che si scambiano a volte; essi non possono e non sanno lasciarsi, c'è in loro un immenso bisogno di riconoscersi, di sentire le loro presenze e le loro parole, anche le più semplici. È l'angoscia del tempo che passa, il bisogno di ingannare l'attesa "Non ce la caviamo troppo male, noi due insieme, eh, Didi? Troviamo sempre qualcosa, eh, per darci l'impressione di esistere?"
E' quindi la ricerca disperata di un modo per riempire il vuoto e di portare avanti un'esistenza che sembra infine solo una farsa grottesca. Altri personaggi della pièce sono Lucky e Pozzo, ovvero l'uomo reso schiavo e bestia, tenuto per il collo con una corda dal suo padrone, e il ragazzino che entra brevemente in scena per annunciare che "il Signor Godot oggi non potrà venire, ma verrà sicuramente domani".
Il linguaggio di Beckett è essenziale, come le sue ambientazioni, le frasi sono ridotte ai minimi termini, il dolore diviene grottesco e l'azione è la rappresentazione tragicomica di un'umanità miserabile ed inquieta.
È l'assurdo che il genio di Beckett riesce a raccontare nella rappresentazione di questi clown mesti e commoventi, che, senza dirlo, parlano di noi.

Ultima modifica: 08 giugno 1999