Scuola
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L'inserimento
paritario e sacrosanto delle donne in istituti
che fino a qualche anno fa erano unica
prerogativa maschile non è una conquista ma un
diritto. Riportiamo due diverse esperienze di
disagio che forse faranno riflettere.
Storie di
quotidiano disagio
Penna e chador
Gruppo Egle
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red.: I.T.I.S.
"Mattei"
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Come
tutti sanno l'I.T.I.S. è una scuola
prevalentemente maschile. Per questa
ragione le ragazze che decidono di
frequentarlo dovrebbero conoscere le
difficoltà cui vanno incontro.
Anche noi siamo ragazze che frequentiamo
l'I.T.I.S., ma abbiamo superato con
facilità questi problemi. Attualmente
nella nostra classe c'è un numero
abbastanza elevato di ragazze (ben 5 !),
tuttavia, anche se fossimo da sole ,
siamo sicure che saremmo trovate comunque
molto bene con i nostri compagni, con i
quali abbiamo un ottimo rapporto.Il problema di cui vogliamo
parlare, infatti, non riguarda i ragazzi,
ma alcune persone, forse anche in buona
fede, che esercitano delle pressioni sul
preside, a nostro parere ingiuste.
L'argomento a loro più a cuore è la
situazione di noi ragazze, che, a quanto
dicono, o comunque fanno capire, dovremmo
essere maltrattate, offese, strapazzate,
insultate e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo ovviamente non è vero,
anzi, è molto piacevole talvolta poter
dire alle amiche che frequentano altri
istituti: "Nella mia scuola sono
quasi l'unica ragazza
".
Invece le nostre amiche
pensano di vivere in Medio Oriente, dove
le ragazze e i ragazzi devono frequentare
istituti diversi e dove la possibilità
di incontrare esponenti dell'altro sesso
è considerato sacrilegio. Per questo è
stata creata la ginnastica
per ragazze, il teatro per ragazze,
l'assemblea per le ragazze ecc. Secondo
noi questo non serve ad altro che a
creare maggiori problemi e a dividere
ancora di più noi ragazzi. Ci sono poi
alcune, come noi, che fanno presente
questa situazione, mentre altre, pur
avendo capito tutto, se ne approfittano,
chiedendo ulteriori privilegi.
In conclusione,
vorremmo tanto aprire un dialogo sereno
per chiarire questo spinoso problema, e
fare appello alla
solidarietà popolare per noi
poveri studenti che, a volte, non solo
dobbiamo sottostare alla giusta autorità
del preside e dei professori, ma anche ai
pressanti consigli di chi
forse farebbe meglio a interessarsi ad
altro.
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Collegio
... che passione!
Chiara Pruneri
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red.:Scuola Media
"Piazzi"
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Tre anni fa,
primo giorno di scuola in Convitto. Entro
in classe, mi guardo intorno, mi sento
disperatamente sola: TUTTI MASCHI !!
La mia prima sensazione è stata di
angoscia, come quando porti a casa un
voto negativo. Mi sono seduta abbassando
il capo per non incontrare lo sguardo dei
miei compagni ma, nonostante tutto, mi
tremavano ancora le gambe. Sono trascorse
due interminabili ore in cui ho contato i
minuti, poi ho chiesto di uscire.
Chiusa la porta alle mie spalle,
finalmente sola, sono scoppiata in un
pianto liberatorio. Quando sono rientrata
in classe, mi sentivo più agguerrita e
ripetevo a me stessa: 'Devo essere alla
pari con i maschi, non sono una stupida
femminuccia'. Ma il guaio era che lo ero
e non riuscivo a farmi coraggio.
Mascherando una finta indifferenza, ho
seguito la lezione a capo chino, perché
in quel momento era l'unica cosa che mi
distraeva da quella situazione di
disagio. Al termine dell'orario
scolastico, ci siamo spostati in
refettorio. Altra doccia fredda anche
qui. Provavo ancora quella terribile
sensazione di abbandono, anzi di totale
isolamento, perché nessuno si curava di
me (o almeno così credevo). Allora ho
pensato dentro di me i casi sono
due: o scappo via, o ignoro i loro
sguardi (che furtivamente incrociavano il
mio), e soprattutto non devo curarmi del
loro stupido atteggiamento da esseri
superiori.
Ho scacciato in un angolo del mio
cuore la paura e alla fine ho preso una
decisione: sarei rimasta. Fortunatamente
gli assistenti hanno raccolto lo
smarrimento nei miei occhi, invitandomi
al loro tavolo. Da quel giorno ne è
passato di tempo; ho avuto splendidi
insegnanti che hanno saputo capire la mia
solitudine e la mia ansia soprattutto
durante le interrogazioni. E così,
gradualmente, mi sono inserita, anche se
devo riconoscere che il primo anno non è
stato troppo facile per me.
Eppure, l'anno successivo ho deciso di
rimanere perché ormai mi ero affezionata
all'ambiente e perché avevo capito
l'importanza delle regole della vita
comunitaria in collegio che mi aveva
maturata e resa più sicura. Il mio
comportamento è sempre stato educato con
tutti, qui ho imparato ad essere più
socievole e disponibile, nel pieno
rispetto degli altri. Così ho trovato il
mio spazio all'interno del gruppo e
soprattutto tanti amici.
Ora le cose sono molto cambiate; sono
tante le ragazze che frequentano
felicemente il PIAZZI. In
prima sono i maschi a essere in netta
minoranza (solo 5 !). Peccato sia toccato
proprio a me rompere il ghiaccio. Non mi
sento certo un'eroina, ma credo di aver
fatto la cosa giusta. E adesso che sono
in III, provo già un gran magone al solo
pensiero di separarmi dai miei compagni e
da questo convitto che mi ha insegnato
veramente tanto.
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