Scuola
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In aumento
negli ultimi anni i suicidi in Valtellina
Il male di vivere
Manuela Mauro
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red: fac.
Giurisprudenza Un. Milano
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Secondo
una classifica stilata nel 1996, dal quotidiano
Il Sole 24 ore, Sondrio
risultava al I posto tra le città italiane per
la qualità della vita.
Sarebbe stato logico attendersi, perciò, che i
suoi abitanti, oltre a godere di un ottimo
benessere economico, di buoni servizi e di un
ambiente invidiabile, fossero anche
sufficientemente felici; invece, quella stessa
classifica, rilevava che la provincia d'Italia
più vivibile era anche quella dove il numero dei
suicidi era più alto, un dato che segnalava
l'esistenza di un malessere profondo.
Oggi, grazie all'attività dell'ASES,
l'Associazione per lo studio e la prevenzione del
suicidio, e dell'IPASVI che un anno fa ha
organizzato un convegno su tale tema, conosciamo
la consistenza e le dimensioni di questo fenomeno
nella nostra provincia e sappiamo che non è un
problema recente, ma ha una persistenza storica
davvero preoccupante.
Con la mia tesi di laurea ho avuto modo di
approfondire tantissime testimonianze, consultare
una vasta bibliografia sull'argomento, oltre ad
avvalermi dell'autorevole esperienza del Dott. P.
Capobianco, del Prof. M. Ballantini, del Dott. D.
Bonenti e dello storico G. Spini. Ho potuto così
costatare che dal 1994 al 1997 il fenomeno è
aumentato in modo notevole: si è passati dai 29
casi del 1996, esclusi i casi di tentato
suicidio, ai 56 del 1997. A livello nazionale i
dati ISTAT parlano di 6 casi ogni 100.000 ab., in
Lombardia di 10 casi ogni 100.000 ab., ma in
Valtellina questo caso è tre volte superiore
rispetto a quello nazionale e due volte superiore
rispetto a quello lombardo, il che ne fa la
provincia con la più alta percentuale di suicidi
non solo in Italia, ma anche in Europa, dove la
Valtellina supera anche la media già alta della
Finlandia.
Sono questi i dati che rendono il problema del
suicidio in provincia di Sondrio più drammatico
e attuale che mai, e richiedono un
approfondimento delle sue cause. Innanzitutto si
è constatato che è in aumento il numero di
suicidi tra i giovani, che si tolgono la vita di
più gli uomini che le donne, anche se il numero
delle donne che si tolgono la vita è in aumento
negli ultimi anni, e che il fenomeno non
risparmia neanche gli anziani.
Per quanto riguarda i giovani, le cause vanno
ricercate per il 50% in una situazione familiare
dissestata da separazioni, divorzi o problemi di
disoccupazione dei genitori. La famiglia non è
più anche in Valtellina quel nucleo educativo in
grado di formare una personalità forte nel
ragazzo.
Pure la tendenza a soddisfare ogni richiesta dei
figli, ad eliminare ogni ostacolo dal loro
cammino, è un sintomo di debolezza educativa
della famiglia; per questo, quando essa va in
crisi, il ragazzo alle prime difficoltà pensa
subito al suicidio come l'unica via possibile.
Certamente non è cambiata solo la famiglia, è
cambiata l'intera società e sono cambiati i
valori che stavano a fondamento di essa. Un tempo
in Valtellina questi valori erano il lavoro e il
sacrificio per costruire la propria sicurezza,
associati a quelli della religione. Oggi sono
invece il successo, l'affermazione di sé,
l'edonismo, tutti i valori di ordine materiale
che richiedono una ricchezza facile e immediata e
che svalutano i valori spirituali, interiori, che
sono quelli da cui traiamo le vere ragioni di
vita, perché danno un senso alla nostra vita.
La svalutazione di tali valori accentua la
frustrazione, il senso d'angoscia e di
depressione degli individui più deboli.
Da qui la diffusione sempre più massiccia in
Valtellina della droga, dell'alcool e del
suicidio come via di fuga.
Il suicidio, dunque, è un problema sociale e
come tale va affrontato dalla società con tutte
le forme possibili di prevenzione, offrendo
sempre più spazi e opportunità d'incontro tra i
giovani non dimenticando che molto spesso anche
dietro l'estremo gesto suicidale c'è un
impossibile quanto misconosciuto desiderio di
vivere.
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