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La Redazione Il Sommario Lettere al giornale

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Scuola

Interessante lezione all'Unitre della prof. Elena Tagliabue

"Icona: una finestra sul mondo"

A.T.

red: Unitre - Sondrio


Saper leggere le immagini giunte fino a noi attraverso le icone "è entrare nel significato profondo di un mondo meraviglioso, è un modo per conoscere il Vangelo attraverso il colore". Le parole di introduzione della prof. Tagliabue, hanno sollecitato noi dell'UNITRE ad aprire una finestra sul mondo piuttosto sconosciuto delle icone e a progettare ricerche e approfondimenti che si aggiungono a quelli suggeriti in altri incontri come quelli sulla miniatura e sugli scavi archeologici.
Alla pittura delle icone è riservato uno spazio relativamente ridotto nei nostri manuali di Storia dell'Arte, poche riproduzioni, qualche scarna informazione. Nel fulgore degli sfondi d'oro o delle elaborate corone d'argento massiccio, le icone possono apparire stereotipate e così simili nei moduli compositivi e nei soggetti, da apparire quasi prive di originalità. Abituati a secoli di pittura religiosa, spesso vivificata dall'originalità dei nostri grandi maestri, forse non ci sentiamo preparati a considerare nella giusta luce le produzione artistiche di una scuola tanto diversa. Che ci suggeriscono quei visi un po' rigidi, dall'incarnato quasi terreo, la bocca piccola, mai sorridente, il naso affilato, le sopracciglia aggrottate sugli occhi dal taglio orientale, le mani dai gesti ieratici? Frutto della tradizione paleocristiana e bizantina e sopravvissuta alla distruzione iconoclasta del VII sec., la pittura delle icone si ispira a modelli greco-romani di cui sfrutta la tecnica ad encausto oltre che l'iconografia.
La prospettiva non è rispettata, talvolta volutamente; la tridimensionalità è sconosciuta, il disegno degli elementi accessori diventa astratto, i visi sono solenni e quasi ieratici come nei mosaici bizantini. La luce ricreata sul legno assume la trasparenza che ammiriamo nelle vetrate gotiche, mentre il colore è steso in modo così uniforme da acquisire la brillantezza dello smalto.
Lo sfondo, sottilissima e lucida lamina d'oro, sembra conferire riflessi di luce anche alle ombre. Come tutti i colori usati, anch'esso ha un significato preciso: mentre il rosso o il porpora, simbolo della dignità imperiale nelle epoche preromana o romana, alludono alla natura divina di Cristo e l'azzurro alla sua umanità, l'oro fa intuire lo spazio infinito ed eterno che prefigura Dio.
Le icone costituiscono un patrimonio non solo artistico, ma soprattutto religioso della nostra civiltà. Lo attestano leggende come il ricordo di re Abgard e di Veronica, entrambi in possesso di una tela su cui si era impresso miracolosamente il volto di Cristo. I dipinti più famosi, di origine bizantina, si realizzano a Viev poi, in seguito alle invasioni dei Tartari, a Mosca. Si dice che nel X secolo il principe Vladinir, affascinato dai racconti che gli descrivevano la misteriosa e solenne liturgia di S. Sofia a Costantinopoli, optasse a favore del cristianesimo bizantino e ne trasferisse i modelli di culto e d'arte nel suo paese dove diede origine a una tradizione iconografica che avrà in Andrei Rublev il più famoso degli interpreti. La sua "Trinità" simboleggia l'unità della Chiesa e la pace rappresentando il soggetto biblico dei due angeli che si presentano ad Abramo. Lo sfondo del dipinto è ampiamente rovinato, ma non si attenua la straordinaria armonia delle linee che conferiscono al disegno il carattere di compostezza tipico delle opere classiche.
Le icone ci aiutano quindi a seguire il cammino della Chiesa e ne rappresentano la storia della Salvezza. Con questa lezione si è chiusa per noi una finestra, ma in una chiesa, ad un'esposizione, oppure a Mosca, forse, avremo l'opportunità di riaprirla; e il nostro sguardo, divenuto più consapevole e attento, ci permetterà di scoprire altri interessanti particolari.

Andrej Rublev - Icona della Trinità

Ultima modifica: 06 giugno 1999