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La Redazione Il Sommario Lettere al giornale

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Scuola

Peregrinazioni semiserie nel mondo degli atenei

L'Università agli occhi di uno studente

Matteo Gianola

studente dell'Università di Economia Politica di Milano


Finite le superiori molti ragazzi decidono di tentare l'avventura universitaria. L'idea di questa nuova vita è molto allettante: lontani da casa (di norma, perlomeno), in un ambiente diverso con gente diversa rispetto ai compagni ed ai docenti conosciuti precedentemente durante il percorso formativo scolastico. Mille sogni si sposano, poi, con l'intenzione di proseguire gli studi, tante illusioni suggerite da serial e film sui college americani; feste, riunioni, goliardia sfrenata e un piano di studi personalizzato e stimolante: ecco cosa pensano i ragazzi al termine del liceo in tema universitario. Studio, frustrazioni, corsi ed esami inutili obbligatori, vacanze ridotte - se non azzerate ! - per la preparazione agli esami: ecco com'è l'università per la maggioranza degli iscritti.
L'impatto iniziale, però, è diverso dato che non c'è frequenza obbligatoria, si può decidere quali lezioni seguire e quali tralasciare, se non si ha voglia di studiare si può rimandare - tanto gli esami sono lontani ! -, la sera si può sempre uscire con gli amici… Insomma potrebbe sembrare un immenso paese dei balocchi studiato a misura di ragazzo. Ma, come si suol dire, tutti i nodi vengono al pettine con esami falliti, libri immensi da studiare, professori sempre assenti o indisponibili a domande e chiarimenti da parte dello studente (anche nel loro orario di ricevimento, oltretutto), orari incompatibili con qualsiasi altra attività e, spesso, anche con gli orari di treni e corriere per i pendolari. Stress e frustrazione divengono, quindi, all'ordine del giorno e, osservando che le sessioni d'esame più importanti sono a gennaio-febbraio, giugno-luglio più settembre, si può notare che i tempi di recupero sia fisico che mentale non sono dei più agevoli avendo in questo modo ridotto le vacanze a due-tre giorni a Natale ed una-due settimane massimo in estate.
"Vi state preparando al mondo del lavoro", continuano a ripetere i genitori non pensando che chi lavora ha almeno un mese di ferie garantite per legge, giorno libero infrasettimanale e domenica assolutamente intoccabile - senza contare che la giornata, finito l'orario lavorativo, è assolutamente libera ! -. Ogni giorno, ogni minuto di studio è importante, invece, per un impiegato di un esamificio (leggi università), non esistono domeniche o ponti che possano essere riservati al relax; in vista di un esame bisogna sfruttare ogni attimo disponibile. In situazioni del genere un diciannovenne si trova generalmente sprofondato in un grosso disagio, spiazzato da una nuova visione del mondo che non lo avvantaggia, anzi fa di tutto per metterlo di fronte ai suoi limiti, alle sue difficoltà ed, infine, al suo fallimento. Forse è per questo che molti abbandonano gli studi, preferendo ad essi un lavoro retribuito, forse è per questo che una laurea "in corso" è paragonabile al ritrovamento di un quadrifoglio e, forse, è per questo che le incomprensioni tra gli attuali ventenni ed i genitori si sono accentuate ulteriormente.
Che quarant'anni fa la scuola fosse più selettiva e più difficile può anche essere vero, ma imputare gli scarsi risultati ottenuti dai ragazzi allo scarso studio ed alla poca applicazione è riduttivo e decisamente fuori luogo; la causa di questo malessere generalizzato è da ricercarsi altrove … forse addirittura nelle idee stesse di università e di esame di profitto (ideato infatti nel 1500 dalle scuole Gesuite come coronamento del corso di studi) ormai anacronistiche e inadatte alle esigenze didattiche e conoscitive di studenti e professori.

Ultima modifica: 06 giugno 1999